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PD partito del cemento. Giù le mani dal Don Bosco!

1 marzo 2024

[Oltre 18 milioni di euro per abbattere decine di alberi ad alto fusto, distruggere la fauna presente, demolire la scuola esistente e ricostruirne una nuova accanto asfaltando il parco. Un vero capolavoro “green” di Lepore e PD.]

Se ne si parlava già da un anno, quando il 29 gennaio 2024 sono apparse le ultime transenne per delimitare l'area interessata dai lavori di distruzione del parco Don Bosco, una delle poche oasi di verde rimaste in zona san Donato, immersa tra immensi mostri di acciaio, cemento e mattoni costruiti negli anni 70’ e 80’. E alla vista di polizia e operai che iniziavano a chiudere per sempre il parco sono cominciate le prime forme di resistenza reale, fino allo sfondamento di quelle transenne. Nel mentre, alcunx del comitato di quartiere nato a difesa del Don Bosco si incatenavano a quei pioppi decennali, che nel nome del “progresso” dovevano essere abbattuti. Corteo del 13 febbraio, Giardino Renato Bentivogli, meglio conosciuto come "Parco del Comune" dallx giovanx locali.

Ci sono assemblee fra residenti, cittadinx, giovanx e attivistx che da settimane vanno avanti, richieste di confronto con le istituzioni che chiaramente sono cadute a vuoto, il tutto ruotando attorno al presidio fisso che ormai da settimane difende il luogo con tanto di case sull’albero. E la faccenda finisce anche in aula di tribunale: il comitato per la difesa del parco Don Bosco infatti ha presentato un ricorso urgente in tribunale contro il Comune e quale sarà il futuro delle Besta sarà deciso il prossimo 14 marzo. 

Uno dei "Sempre Verdi" del Comitato Besta si incatena a un albero per impedire i lavori di taglio.

Ma a parlare a favore della resistenza ad oltranza al parco Don Bosco ci sono anche esperti e ricercatori come Vittorio Marletto, agroclimatologo e abitante del quartiere San Donato, che qualche giorno fa ha rilasciato un'intervista sul tema a Bologna Today: "Questo piccolo bosco è un climatizzatore naturale e non serve un grande esperto per accorgersene. Quella del Parco Don Bosco era una zona agricola fino a cinquant'anni fa e se ne scorgono ancora delle tracce, visti gli edifici che risalgono ai tempi in cui era tutta campagna, poi sovrastati (negli anni Settanta e Ottanta) da ammassi di cemento e di mattoni: "Qui sotto c'è sicuramente dell'acqua e questi pioppi sono evidentemente alimentati da una falda che li rende rigogliosi e imponenti come li vediamo (nella bella stagione è ancora più evidente l'effetto 'verde') – spiega ancora Marletto – Si tratta di un'oasi che produce ombra e fresco, che riesce ad abbassare la temperatura svolgendo un servizio ecologico enorme. L'idea che tutto ciò possa sparire fa venire i brividi perché questo boschetto non ha solo un valore estetico, ma anche pratico, dato che le persone qui vengono a cercare frescura in una Bologna che negli ultimi anni sta subendo evidenti cambiamenti climatici. Andiamo in senso contrario a quello che dovremmo fare? Pare di sì. Dovremmo invece sfruttare quella poca natura che ci resta in città e invece che radere al suolo magari riadattare quello che già c'è, come fra l'altro è già stato fatto in altri casi di recupero edilizio".

Ad oggi il presidio è animato tutti i giorni fin dalle 6:30 con le colazioni resistenti, varie attività mattutine per espandere e continuare le attività al Don Bosco, pranzo e cena in comune sotto la casetta a terra recuperata da quelle transenne che avrebbero dovuto ingabbiare il verde del parco. E tutti i giorni alle 17 assemblea! Invitiamo a partecipare e a condividere!

Un agente della locale cade a terra.

Fonte: @boloresiste

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Complicità arboree. Primi appunti sulla lotta al Don Bosco

2 Maggio 2024

Quattro mesi di una lotta inaspettata.

Da quando abbiamo preso a cuore il parco Don Bosco, una sequenza potente di eventi ci ha attraversato. Qualche prima riflessione buttata giù tra gli alberi in fiore.

 

Cronologia della lotta donboschianachronologie de la lutte EN FRANCAIS

Reflections sur la lutte du parc Don Bosco EN FRANCAIS

La città di Bologna vive spesso una segmentazione, un sistema di frontiere invisibili e funzionali al “buon governo” del Partito Democratico. Segmentazione tra città e campagna, tra studenti fuorisede e bolognesi un po’ più anziani, tra ciclisti e automobilisti, tra quartieri del centro e periferie. L’intensa ristrutturazione che sta attraversando questo territorio, ci propone però la possibilità di incontri inediti, e quindi anche di nuove alleanze, di amicizie detonanti.

Prima di tutto un po’ di contesto, il Comitato Besta non porta il suo rifiuto (del progetto “nuove Besta”, appunto) in un vuoto di esperienze: per diversi mesi (tra 2022 e 2023) i quartieri bolognesi raccolgono firme, si mobilitano, occupano e in alcuni casi aggrediscono i cantieri del Passante di Mezzo. A queste azioni partecipa in modo importante una parte di città giovanile, che sceglie modi di azione rapidi e non disdegna affatto la pratica della Critical Mass, l’uso intelligente delle bici diventa un tratto distintivo. È in questa costellazione che il progetto delle Besta trova un’opposizione determinata. La rivendicazione politica è molto chiara: le vecchie scuole vanno ristrutturate, non demolite; il parco Don Bosco non deve essere distrutto.

È questo NO semplice ma al tempo stesso irremovibile che fornisce il primo punto di ancoraggio su cui si radica la mobilitazione successiva. Perché nonostante le distanze generazionali e le diverse grammatiche politiche, tante singolarità diverse si intendono su questo NO irremovibile. Queste singolarità hanno storie, abitudini, pratiche, anche molto diverse, ma proprio attorno al loro NO è possibile costruire un’alleanza, un’intesa che non si lascerà tentare da nessuna “mediazione istituzionale”.

È importante sottolineare questo aspetto in un territorio come quello bolognese, dove il Partito Democratico in anni recenti costruisce il suo sistema di governo anche includendo alcune istanze critiche dentro lo schema istituzionale, con la funzione di indebolire ogni istanza radicalmente critica al modello di sviluppo cittadino.

Su questo NO condiviso, cominciano a proliferare pratiche inaspettate. Abitanti del quartiere e creature che passavano per San Donato si trovano a impedire una prima volta l’installazione dei cantiere al Don Bosco il 29 gennaio, da quel giorno al parco nasce un presidio, sugli alberi si moltiplicano le casette e i sistemi di difesa, al suolo si organizzano assemblee, pasti condivisi, ci si incontra per parlare della difesa del parco e degli amministratori cittadini che vivono proprio qui davanti ma sono intenzionati a distruggere il polmone verde del quartiere. Le colazioni all’alba sono partecipate anche quando piove, anche quando il freddo invernale ti entra nelle ossa. Un pugno di persone dorme ogni notte sugli alberi del Don Bosco. Si impara ad arrampicare, a resistere in caso di arrivo della polizia.

Dopo vari falsi allarmi, la polizia arriva davvero, il 3 aprile. E trova ad accoglierla una massa di persone difficilmente controllabili. Ancora una volta, una novità inaspettata, un movimento fluido che aggira i cordoni, e le tattiche poliziesche si scoprono deboli: sono riusciti a tagliare 6 alberi ma sono dovuti tornare a casa con una sconfitta. Si vendicano due notti dopo su Gio, uno studente liceale. E anche lì trovano una mobilitazione più vasta a rispondere. Gio torna libero ed è accolto da centinaia di persone quando torna al parco.

Il sindaco e l’amministrazione hanno dovuto rinunciare per ora alle soluzioni di forza. Per provare ad uscire dall’angolo in cui si sono cacciati hanno proposto di aprire una fase di trattativa. Sulla reale disponibilità a rivedere i progetti, non abbiamo false speranze. Probabile che cerchino solo di guadagnare tempo spostando la discussione su questioni tecniche.

Due sono i rischi a cui è esposta la battaglia del parco Don Bosco in questa fase.

La stanchezza dovuta a lunghi mesi di presidio ed allo stress psicologico legato ai rischi di sgombero. Oltre a questo anche la consapevolezza della delicata situazio ne creatasi nel parco con la confluenza nella lotta di nuove soggettività portatrici di istanze e connotazioni inedite.

Questo sentimento può trovare ristoro nel propagarsi spontaneo e dilagante del fenomeno dei comitati locali contro le politiche urbanistiche dell’amministrazione. Un proliferare di iniziative dal basso che tendono a cercare contatti e punti di aggregazione per le quali la lotta al parco Don Bosco rappresenta un punto di riferimento inevitabile ed un esempio da imitare.

La crescita di queste realtà costituisce il miglior sostegno possibile per la lotta a difesa del parco ed anche un ricostituente insperato per le energie degli attivisti del Comitato.

L’altro rischio è l’illusione che si possa tenere testa all’amministrazione contrapponendo alle sue tesi una contro-narrazione fondata su dettagli tecnici. Il nodo della questione è politico e dipende in sostanza dalla capacità di tenere sulla durata sia ai tentativi di sgombero che alle narrazioni progressiste del Comune di Bologna. Dobbiamo porre uno stop al loroprogresso.Il parco Don Bosco non si tocca, questo NO è la chiave per un’alleanza trasversale che sta scompaginando i modi di fare politica in città e ci sta aprendo nuove possibilità d’azione.

Fonte: Sollevamenti della terra

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Scontri alle scuole Besta 3 Aprile 2024