L’inizio

28 gennaio 2024, le prime recinzioni che comune e polizia provano a imporre, vengono buttate giù dalle  nasce il presidio resistente vero e proprio.

3 aprile 2024, le forze del male provano a sgomberare violentemente il parco per far partire i lavori, tagliano 7 alberi, ma poi sono costretti a una precipitosa ritirata dopo un’invasione di massa di quel poco terreno che avevano conquistato con ore di scontri. Gli sbirri fuggono. Il Don Bosco è di nuovo libero.

5 aprile 2024, lo stato cerca di vendicarsi dell’umiliazione subita durante la Cacciata dal don Bosco sulla pelle di una delle anime del parco. 5 volanti, 3 taserate, spray al peperoncino negli occhi e in bocca e processo in direttissima. Il giorno stesso, centinaia e centinaia di compagnx, solidalx, studentx e giovanx precarx si presentano in massa prima in ospedale, poi in caserma e infine davanti al Tribunale. E dopo una giornata lunghissima Gio è di nuovo libero e si torna in corteo dal centro fino al Don Bosco.

“Se viene buttata giù una recinzione da un singolo, il fatto costituisce un reato. Viene tacciato di delinquenza. Ma se vengono buttate giù 100 recinzioni da altrettanti singoli, le cui anime vibrano con la stessa rabbia figlia della medesima sofferenza, l’accaduto costituisce un fatto politico. Un punto di rottura. Una rivolta. E se a farlo non sono solo i “brutti e cattivi Black Blocks”, come ci dipingono sempre, ma anziani e giovanissimi, studenti e lavoratori, genitori di famiglia e precari, immigrati e queer, persone con disabilità, ambientalisti, realtà di quartiere e tutte le attiviste, militanti e persone che si sono trovate in questi contesti per la prima volta, allora nasce qualcosa di diverso. La retorica degli “eversivi” non può più attecchire, perché è la Comunità, nelle sue più sfaccettate diversità e forme, ad essersi mossa.”

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